venerdì 17 dicembre 2010

Chi è l'uomo della Sindone?/3

Sui luoghi della Sindone un viaggio pieno di misteri

Nessun documento è stato analizzato come il lenzuolo della Sindone. Un trattamento simile non è toccato a personaggi del calibro di Ramses II o di Alessandro Magno. La loro vita, dopo tutto, non va al di là della curiosità storica. A nessuno oggi verrebbe in mente di “perdere la testa” per loro. Per Cristo sì. Per Uno come lui si può anche dare la vita. Si spiega anche cos’ l’enorme interesse per il lenzuolo che avrebbe accolto il suo corpo crocifisso. Sarebbe una prova in più del suo amore per noi.
L’inchiesta sulla Sindone ci ha portato a un passo dalla verità. Manca ancora all’appello la testimonianza deri protagonisti che hanno accompagnato il lenzuolo nel viaggio dalla Palestina a Torino. Li ascolteremo attraverso unaricostruzione delle notizie. Dalle più sicure alle più incerte e antiche.

Il nemico fuoco
La Sindone ha sempre avuto una vita a rischio. Dove non arriva il logorio del tempo possono arrivare la fatalità e la distruzione umana. Una combinazione di questi elementi deve essersi verificata a Torino la notte dell’11 aprile 1997.
Alle 23,35 un violento incendio si sprigionò dalle impalcature che ingabbiavano la cupola del Guarini in restauro trasformandola in una torcia incandescente.
I vigili del fuoco lanciarono fiumi d’acqua sui focolai per tutta la notte e parte del giorno seguente. Gli uomini della squadra 21 a fatica raggiunsero il luogo della Sindone. Passarono minuti drammatici, scanditi dai colpi di mazza del caposquadra che demoliva la custodia antiproiettile. Finalmente, all’1,20 di notte, l’eroico vigile uscì sulla piazza con lo scrigno in spalla. La folla lo applaudì d’istinto, liberando la tensione salita alta come le fiamme.
Ancora una volta la Sindone era salva, dopo aver respinto il fuoco, suo nemico storico.

 Nella città dei Savoia
Il lenzuolo è di casa a Torino dal 9 settembre 1578, per un gesto di cortesia di Emanuele Filiberto verso Carlo Borromeo, cardinale di Milano.Il duca di Savoia, custode della Sindone, l’aveva fatta venire da Chambéry per risparmiare al santo il faticoso viaggio fino in Francia. Il  cardinale si presentò davanti alla Sindone il 7 ottobre dopo un pellegrinaggio a piedi di quattro giorni, sotto la pioggia e forti penitenze.
Il lino rimase alcuni giorni nel castello di Lucento. Fu poi trasferito nella cappella di San Lorenzo. Infine, il 1° giugno 1694, trovò definitiva sistemazione nella cappella costruita da Guarino Guarini, tra l’abside del Duomo e il Palazzo reale. All’inizio la tela fu esposta in pubblico quasi tutti gli anni. Poi, per evitarne il logoramento, solo nelle grandi occasioni.

Un furioso incendio
La Sindone arrivò in possesso dei Savoia nel 1453, per una catena di fatti riconducibili al 1353, ultima data sicura prima di un lungo silenzio. Il 20 febbraio 1353 la presenza del lenzuolo fu segnalata a Lirey, un paesino a 150 chilometri da Parigi.
. Vi era stata portata dal condottiero Goffredo,  il quale la affidò in custodia a un gruppo di monaci.
Accorse una folla immensa a venerarla. Il vescovo, per evitare ogni fanatismo, proibì  di esporla al pubblico finché non ne fosse dimostrata l’autenticità. I monaci contestarono la decisione. Per tutta risposta, il vescovo definì il lenzuolo opera di un pittore ignoto, un falso dunque. Questa accusa è sopravvissuta fino ai nostri giorni.
Come se non bastasse, a rendere ancora più difficile la vita alla Sindone, ci si mise una guerra scoppiata nei dintorni di Lirey. I monaci per salvarla, la affidarono al Conte Umberto de La Roche e a sua moglie Margherita di Charny. Non la riebbero più indietro, nonostante le vivaci proteste. Margherita, per non sentirli più,  passò la tela ad Anna, moglie di Ludovico di Savoia. Era il 22 marzo 1453.
I Savoia, diventati così proprietari e custodi della Sindone, fecero costruire la Sainte-Chapelle a Chambéry, capitale del ducato. Senza sistemi anti-incendio, ovviamente. Sarebbero stati utilissimi la notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532, quando le fiamme divorarono la sacrestia e raggiunsero la cassetta con il lenzuolo ripiegato in 458 piccoli rettangoli.
Il disperato intervento di un fabbro e di due frati evitò la distruzione. Una goccia d’argento liquefatto penetrò all’interno della custodia danneggiando il tessuto. Anche l’acqua usata per spegnere le fiamme lasciò degli aloni visibili.
Due anni dopo, le suore di Chambéry eseguirono il restauro dei pezzi bruciacchiati e applicarono una tela sul lenzuolo, per rinforzarne i punti compromessi.
Da Chambéry, La Sindone si è mossa in diverse località francesi e italiane, fino al viaggio definitivo a Torino, capitale dello Stato sabaudo.
Qui finisce la cronologia documentata: Per la ricostruzione della storia precedente ci si affida a frammenti di notizie e scritti. Grazie ad essi si può risalire all’indietro nel tempo dal 1353 qal 340 dopo Cristo. Dal 340 al 33 d.C. è come se un virus avesse cancellato dalla memoria del computer un file quasi quattro secoli. Per quel periodo fanno fede i racconti dei Vangeli.

Prima tappa: Gerusalemme
Riprendiamo il cammino dall’indomani della morte di Cristo. Secondo la tradizione la Sindone sarebbe stata conservata dai discepoli di Gesù per alcuni anni a Gerusalemme. Più tardi, intorno al 340, san Cirillo di Gerusalemme ne faceva cenno come una delle testimonianze della risurrezione di Gesù: “la rupe rossa venata di bianco (la tomba di Gesù) e la Sindone”.
All’inizio del 500 l’imperatore Giustiniano inviò i suoi ambasciatori da Bisanzio a Gerusalemme per misurare la Sindone,con l’intenzione di ricavarne i dati fisici di Gesù.
Per paura di furti, gesti vandalici e profanazioni, il lenzuolo fu tenuto nascosto. Questo favorì la moltiplicazione di dipinti, icone, mosaici e immagini su stoffa del volto del Signore. I pellegrini tornavano dalla Terra Santa con sindoni monde, ossia bianche, poste a contatto con quella autentica.
Per motivi di sicurezza, la Sindone fu trasferita a Edessa, l’attuale Urfa, in Turchia. Il posto era più sicuro di Gerusalemme, dove il violento califfo El Hakem perseguitava i cristiani e profanava i luoghi santi.
Nel 944 la Sindone fu portata a Costantinopoli. Secondo le informazioni del francese Robert de Clary, cronista della quarta crociata, la Sindone veniva presentata ogni venerdì al pubblico. Scomparve durante il saccheggio del 1204.
Per un secolo e mezzo si persero le tracce del lenzuolo. Le notizie sulla sua esistenza riprenderanno nel 1353. Facilmente dopo la presa di Costantinopoli, i crociati spedirono la Sindone in Francia, al vescovo di Besançon. Lo confermerebbero tracce di bruciature lasciate sul lino dall’incendio della cattedrale  cittadina. Era il primo, e non unico, attentato del fuoco al prezioso documento.

Articolo tratto da Mondoerre.it

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