mercoledì 3 novembre 2010

ATTORI SUL PALCOSCENICO DELLA VITA

“Uno, nessuno, centomila”. Il titolo di una delle più conosciute opere di Luigi Pirandello fotografa in modo perfetto la capacità di “nascondere” la propria personalità dietro una o più maschere. Ogni giorno, quasi senza accorgercene, ne indossiamo una secondo le situazioni o le persone che si hanno davanti.
 Ognuna di queste maschere viene plasmata dalle abitudini prese anno dopo anno, dalle convinzioni che ci si è fatte vivendo con gli altri, dalle “parti” che siamo chiamati a svolgere, da come ci vedono gli altri, dall’educazione ricevuta.  Sono tanti altri input che vanno a formare quello che la psicologia definisce l’”Io”, conscio e inconscio, che si è formato in base alle circostanze familiari, alle esperienze fatte, alla cultura acquisita.
In questa rappresentazione che mescola la realtà con la finzione, indossare una maschera acquista significati diversi e non  necessariamente negativi. Al ragazzo timido, il chiudersi in se stesso serve come una difesa, quasi fosse una tartaruga che si rifugia nel suo “guscio” ai primi segni di pericolo. La smorfiosa si comporta da antipatica perché forse non trova il “linguaggio” giusto per “parlare” con le amiche.
Ma non ci si maschera solo nel relazionarsi direttamente con gli altri. Oggi c’è anche la “maschera tecnologica”. Dietro lo schermo di un computer, quasi fosse uno scudo difensivo, tanti ragazzi, camuffati dietro un nickname, interpretano un ruolo diverso dal solito chattando. È la stessa parte che, in fondo, molti “recitano” nell’inviare messaggini o foto con il telefonino: evitano di confrontarsi direttamente con gli altri e trasmettono un’”immagine” talvolta diversa di sé.
Perché si “indossano” delle maschere nella vita di tutti i giorni?
È così difficile essere se stessi?
Cosa ci spaventa della realtà da non saperla talvolta affrontare?
by PUELLA STULTA
Articolo già pubblicato su cogitoetvolo.it

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