domenica 14 novembre 2010

L'amico perduto

Ci siamo conosciuti nel tempo. Inizialmente, eravamo l’uno antipatico all’altro. Ma, essendo una prima impressione, ed obbligati a stare comunque assieme ogni qualvolta ci si riuniva in gruppo, tu ed io abbiamo iniziato a conoscerci, ad andare oltre…
E’ iniziata una relazione… re-lato deriva dal greco, φερω, ovvero portare… riportare qualcosa all’altro. Ridargli qualcosa di sé. Renderlo più uomo. Aiutarlo a crescere, cambiare, cadere, imparare. Forse l’amicizia è anche queste cose, ma non si può rendere con le parole.
Ma io avevo trovato un tesoro: un nuovo amico. 
Ti ho confidato me stesso. Ti ho mostrato il mio cuore, anche con le sue ferite. Ti ho scritto lettere di parole per riempirti di me, e colmare il vuoto che c’era nel nostro passato. Volevo tu mi conoscessi, sinceramente, senza apparenze, senza maschere, senza facciata. Ti ho permesso di entrare nel mio cuore, nei miei desideri e nei miei sogni. Mi son fidato.
E tu hai iniziato ad aprire il tuo. Quanto mi colpiva… Sì, mi colpiva conoscere qualcuno così diverso da me e scoprire di volergli bene proprio nelle diversità, e non in ciò che ci accomunava, che pur c’era! Il tuo essere così diverso da me nei gusti, nelle posizioni, nei punti di vista, nei ragionamenti, nei modi d’affrontare piccoli problemi quotidiani, tutto per me era occasione per mettermi in discussione e crescere, e, ancor più, occasione per imparare ad amare chi agisce, pensa e ama diversamente da me. Tutto questo di te, mi ha affascinato.
Forse troppo. Sicuramente troppo. Mi sono illuso d’esserti amico, e di avere un amico in più.
Quanti silenzi, quante verità non dette si sono nascoste nel tempo. Mentre io continuavo a fidarmi, ad aprirmi, ad essere più tuo, perché ti lasciavo penetrare nel mistero di me… Pensavo fossimo in due a crescere, ma erravo. Erravo in una terra che sperava troppo, in te. Non credevo tu fossi differente, anzi: da subito avevo conosciuto le nostre divergenze. Ma era questo che ci arricchiva nell’amicizia.
Non sapevo che il tradimento era dietro l’angolo. Anche questo ci ha resi diversi, forse troppo, anche perché chi, tra noi, sbagliò, potesse chiedere scusa. Perché neanche questo hai fatto.
Un vero amico, sa chiedere perdono. Sa ammettere il proprio errore, sa dare la faccia e andare dalla persona cui ha fatto un torto, dirle che gli dispiace, chiedere cosa possa fare per rimediare la situazione. Questo un vero amico. Non colui che mai sbaglia, ma colui che dialoga, e si permette di sbagliare perché sa che nell’affetto, gli errori sono compresi, così come lo è il perdono. Dato e ricevuto, perché sia tu che io ne abbiamo commessi di sbagli.
Eppure non hai voluto. Non hai risposto neanche alla mia mano tesa, anche se la ragione – che non è mai da una parte sola – era più dalla mia. Io mi son fatto avanti, ho fatto il primo passo, con pazienza… ho fatto il secondo, con sofferenza… il terzo, deluso dalla rabbia. Non sapevo avrei sofferto ancora di più.
E’ successo così, la fine di un’amicizia. Non volevo altro che volerti bene. Non avevo fini, se non il desiderio della tua felicità.
Perché non me lo hai permesso?
Ed io, ancora ti voglio bene.
Articolo tratto da cogitoetvolo.it

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