giovedì 21 aprile 2011

Pasqua, il Passaggio

Con la Risurrezione di Gesù cambia tutto.
Il senso della vita, della storia,
del nostro agire quotidiano.
Perché se la morte è vinta,
allora, l’uomo ha una dignità infinita.










Pasqua, sacrificio dell’agnello
Come riferiscono i Vangeli, Gesù è morto crocifisso intorno all’anno 30, a Gerusalemme, all’inizio della Pasqua ebraica. Il fatto che sia morto proprio in occasione di questa festa ha un preciso significato.
Al tempo di Gesù, una volta all’anno gli ebrei si riunivano nel tempio di Gerusalemme, in cui offrivano agnelli in sacrificio per festeggiare la liberazione dei loro antenati dal paese d’Egitto, avvenuta circa milleduecento anni prima. Questo avvenimento è raccontato nel capitolo 12 dell’Esodo: una notte, gli israeliti (che erano schiavi degli egiziani) cosparsero gli stipiti delle loro porte con il sangue degli agnelli che avevano sgozzato. Questo sangue li protesse dalla maledizione divina che colpì i primogeniti degli egiziani. Vedendo questo dramma che colpiva il suo popolo, il faraone autorizzò gli ebrei a lasciare il paese, perché li considerava responsabili di questa maledizione. Gli ebrei fuggirono subito, guidati da Mosè, per procedere verso la terra promessa. Così, in questo avvenimento dell’Antico Testamento, Dio fa passare il suo popolo dalla schiavitù a una nuova libertà.
Gesù, il nuovo Agnello
Come ci riferiscono i Vangeli, Gesù è stato imprigionato a Gerusalemme all’inizio della grande festa di Pasqua. È stato condannato dalle autorità romane e crocifisso. È morto e il terzo giorno è risuscitato. Giovanni lo presenta dunque come l’”Agnello di Dio” (Gv 1,29). Un’espressione decisamente curiosa! Forse l’evangelista si è ispirato al Canto del servo sofferente, il poema nel quale il profeta Isaia descrive il destino di un uomo che offre la propria vita assumendo su di sé le sofferenze e gli errori degli altri e somiglia a “un agnello condotto al macello” (Is 53,7). Giovanni propone certamente anche il parallelismo con gli agnelli offerti in sacrificio al tempio il giorno di Pasqua. Questi agnelli, che ricordavano agli ebrei la liberazione del loro popolo a opera di Dio, erano il simbolo di una protezione contro la morte. Analogamente, Gesù, Agnello di Dio, ci protegge con il suo sangue dalla morte eterna. Gesù è dunque il nuovo Agnello che ha offerto la sua vita liberamente, per amore verso suo Padre e verso il mondo.
Come Dio ha fatto passare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto alla terra promessa, così Gesù fa passare il suo popolo dalla morte alla vita. Grazie alla morte e alla Risurrezione di Gesù, l’uomo è liberato dal male, o dal peccato, cioè da una vita senza speranza che lo separa da Dio. Se desidera, ora l’uomo può procedere sulla strada dell’amore, amando Dio e il suo prossimo.
Era necessario che Cristo morisse così?
Gesù, che era venuto ad annunciare la Bella Notizia improntata all’amore, è stato condannato a morte e crocifisso come un malfattore. La sua missione si è dunque rivelata un fallimento? Alcuni discepoli si posero questa domanda subito dopo la morte di Gesù. Infatti, Luca presenta il resoconto del momento in cui due discepoli procedevano da Gerusalemme a Emmaus, un villaggio distante circa 30 km dalla città (Lc 24,13-35). Allora appare loro Gesù risorto per camminare con loro, ma essi non lo riconoscono, perché «i loro occhi erano come accecati». E i due discepoli confidano a quello sconosciuto tutta la loro delusione: com’è possibile che Gesù, «un profeta potente davanti a Dio e agli uomini», sia finito così? Ma «il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?». Gesù spiega che la morte del loro maestro ha un senso, che egli ha obbedito alla necessità imperiosa di andare fino in fondo alla sua missione, che consisteva nel rivelare agli uomini la gloria di Dio. Di sera, una volta arrivati a Emmaus, i due discepoli invitano l’uomo a condividere la cena con loro. E, appena benedice il pane, riconoscono Gesù. Pieni di meraviglia, tornano allora a Gerusalemme per annunciare la Bella Notizia agli altri discepoli.
L’Ultima Cena di Gesù
In che modo questi due pellegrini hanno potuto riconoscere Gesù? Di fatto, questo brano allude a un altro avvenimento: l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Ricordiamo infatti che Gesù fu arrestato uno o due giorni prima della Pasqua ebraica, nell’anno 30 o 31. Gli ebrei si preparavano a celebrare con una cena questa grande festa (cf p. 262). Giovedì sera, Gesù, sapendo che stava per essere arrestato, condivise il pane e il vino con i suoi discepoli. L’unica differenza rispetto al pasto degli ebrei fu l’assenza dell’agnello. Dopo aver spezzato e benedetto il pane, Gesù disse: «Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me». Poi offrì ai discepoli il calice del vino pronunciando queste parole: «Questo calice è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue offerto per voi» (Lc 22,19-20). Gesù annunciò così il senso della sua morte sulla croce: è una Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita.
Cristo è risorto
«Gesù è risorto», afferma il Vangelo. Questo è il cuore della fede cristiana. Ma chi sono i primi testimoni ad aver incontrato Gesù dopo la sua Risurrezione?
Intervista a François Brossier, esperto dei Vangeli
Che cosa è accaduto il terzo giorno dopo la morte di Gesù? Che cosa hanno visto le donne? E i discepoli?
La prima immagine che ci viene data della Risurrezione è quella del vuoto. I quattro Vangeli lo dicono espressamente: i primi testimoni che si recano alla tomba, il primo giorno della settimana, non trovano il corpo di Gesù. Evidentemente la pietra che chiudeva l’ingresso del sepolcro è stata spostata e all’interno rimangono solo i lini in cui era stato avvolto il corpo di Gesù. Ma chi sono questi testimoni? I quattro Vangeli affermano che Maria di Magdala, o Maria Maddalena, si è recata molto presto al sepolcro, prima del sorgere del sole. Secondo gli evangelisti Matteo, Marco e Luca, era accompagnata da una o due altre donne. Giovanni all’inizio del suo resoconto afferma che Maria Maddalena si è recata al sepolcro molto presto, ma, quando scopre che la tomba è vuota, va ad avvertire due discepoli, Pietro e “l’altro discepolo, il prediletto di Gesù” (Gv 20,2), i quali vi si precipitano. Il discepolo che accompagna Pietro arriva prima e “si china a guardare i lini giacenti a terra”, ma non entra nel sepolcro. Pietro vi entra e vede i lini e il sudario che copriva la testa, da una parte, piegato, ma non dice nulla su ciò che prova. Finalmente l’altro discepolo decide di entrare e allora “vide e credette” (Gv 20,8). Che cosa vede? Che il segno della tomba vuota testimonia della Risurrezione di Gesù.
Il figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-15) e Lazzaro (Gv 11,1-44), quando Gesù li risuscita, riprendono la loro vita tra gli uomini?
Sì. Quando Gesù le risuscita, queste persone tornano in vita e riprendono la loro esistenza terrena. Questi due miracoli somigliano a una rinascita, o “reviviscenza”. Il caso di Gesù è diverso, perché, dopo la sua Risurrezione, va dal Padre. È infatti venuto a mostrare agli uomini che dopo la morte rinasceranno a una vita nuova presso Dio.
Con quali parole viene designata la Risurrezione nei primi scritti cristiani?
La Risurrezione è designata in tre modi. Si dice che Gesù è stato “destato” e “risuscitato” dai morti. E, per mostrare che il Risorto non ricomincia la sua antica vita di uomo, ma sale verso Dio, si usa il termine “esaltato” o “glorificato”. Così, negli Atti degli Apostoli si può leggere: «Dio ha manifestato il glorioso potere di Gesù, suo servo» (At 3,13). E san Paolo afferma: «Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande» (Fil 2,9). Poiché credono in Gesù risorto, i cristiani lo chiamano “Signore”, un nome finora riservato a Dio nella religione ebraica. Riconoscono dunque che Gesù esercita la sovranità di Dio stesso. È questo il significato della formula: «È seduto alla destra di Dio».
Che cosa significa “risorto”?
Gesù è passato a un’altra vita: ora è in cielo presso il Padre ed è vivo tra noi. Per aiutarci a comprendere meglio la Risurrezione, ci viene data una nuova immagine: quella delle apparizioni di Gesù. Infatti, Gesù appare a Maria Maddalena nella tomba e lei non sa chi Egli sia. Inizialmente lo scambia per il giardiniere e gli chiede dove abbia messo il corpo di Gesù. Nel momento in cui l’uomo la chiama per nome: «Maria!», ella riconosce Gesù, nel cuore della relazione personale che aveva con lui (Gv 20,11-18). Lo stesso giorno, Cristo si manifesta a due altri discepoli che vanno a piedi da Gerusalemme a Emmaus (Lc 24,13-35; Lc 16,12), i quali, però, lo riconoscono solo alla fine del percorso, quando, durante la cena, benedice il pane. Secondo questi due testi, il Risorto può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede. Non si giunge a riconoscerlo subito: ancora oggi, come accadde ai discepoli di Emmaus, riconosciamo Cristo risorto nella meditazione delle Scritture e nella frazione del pane (eucaristia) e con l’aiuto dello Spirito.
Che cosa garantisce ai primi testimoni che Colui che vedono sia proprio Gesù vivo?
Tommaso, uno dei discepoli, si è posto questa domanda molto prima di noi. Quando i suoi amici affermano che hanno visto il Risorto la sera del primo giorno della settimana, egli rifiuta di credere. Ed esige prove concrete: «Se non vedo il segno dei chiodi nelle sue mani, se non tocco col dito il segno dei chiodi e se non tocco con la mia mano il suo fianco, io non crederò» (Gv 20,24-29). Una settimana dopo, Gesù si manifesta di nuovo ai suoi discepoli e si rivolge così a Tommaso: «Metti qui il dito e guarda le mani; accosta la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente!». Subito Tommaso riconosce Gesù. E il Signore aggiunge: «Tu hai creduto perché hai visto; beati quelli che hanno creduto senza aver visto!» (Gv 20,27-29).
È necessario credere nella Risurrezione per essere cristiani?
Sì. Anche se oggi molti cristiani affermano che non ci credono… Vediamo però che cosa ci dice san Paolo: «E se Cristo non è risuscitato, la nostra predicazione è senza fondamento e la vostra fede è senza valore» (1Cor 15,14). Un’intera vita, però, non ci basta per scoprire questo mistero.
Gesù è vivo in ogni persona, ma può essere nel cuore degli assassini, dei ladri…?
Sebbene possa sembrare strano, Gesù è vivo in ogni persona, anche in chi compie il male ed è dominato da pulsioni distruttive, o dal peccato. Solo Dio può giudicare. Noi sappiamo però che è un vivo di misericordia e di perdono. Siamo dunque invitati a posare su ogni peccatore (e anche su di noi) uno sguardo lucido, ma che non chiude l’uomo nel suo errore. Come dice san Giovanni in una delle sue lettere: «Non avremo più paura davanti a Dio. Anche se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore» (1Gv 3,19-20).
Risorgerò dopo la mia morte?
La Risurrezione di Gesù ci invita a credere che rinasceremo a una vita nuova nella nostra condizione di uomini e donne. Così, attraverso la potenza dello spirito di Dio, il nostro corpo diventerà spirito e sarà incorruttibile o indistruttibile. Mentre l’involucro del nostro corpo terreno andrà in polvere, il nostro corpo spirituale o “glorioso” conserverà tutti i segni di ciò che avremo vissuto in questa vita, ma non sarà più dominato da necessità naturali come bere, mangiare, dormire, né del peccato, inteso come il bisogno di dominare gli altri, di mentire… È quella che la tradizione cristiana chiama “Risurrezione della carne”. Tutto il nostro essere sarà orientato verso l’amore.
Quale prova abbiamo della Risurrezione di Cristo?
Nessuna. La Risurrezione non è un avvenimento che si possa verificare storicamente. È però attestata dalla testimonianza dei primi discepoli, come ci riferiscono i quattro Vangeli.
Allora, come possiamo credere a un avvenimento che non è certo?
La Risurrezione è un fatto certo, ma lo è dal punto di vista della fede, non della scienza. Nessuno è obbligato a credere, ma dobbiamo sapere che gli apostoli e i cristiani dei primi secoli sono stati spesso perseguitati a causa della loro fede. Molti di loro sono morti martiri per amore di Cristo. Se avessero considerato la Risurrezione come una vaga ipotesi filosofica, non sarebbero giunti a tanto. Possiamo fondare la nostra fede sulla loro testimonianza.
Come posso incontrare Gesù risorto oggi?
Possiamo incontrarlo leggendo i rileggendo i Vangeli, ad esempio i passi che vanno dalla passione alla Risurrezione. Questi testi portano a comprendere che il Risorto è vivo tra noi. In altri termini, possiamo trovarlo nel nostro cuore e parlargli come a un amico, che ci ama davvero e al quale possiamo confidare ogni gioia e ogni dolore, perché è passato attraverso l’esperienza della sofferenza e della morte. Può accompagnarci nella nostra vita di ogni giorno in modo discreto e molto reale, se lo ascoltiamo a poco a poco nel silenzio. Ma impariamo a conoscerlo anche tramite l’incontro con gli altri, perché Gesù è all’opera oggi nell’umanità, in tutti gli uomini e le donne che danno la vita per costruire un mondo più giusto, un mondo migliore.



Articolo tratto da Dimensioni Nuove

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