giovedì 2 gennaio 2014

Steve Jobs, un uomo che ha saputo osare

“Grande innovatore e visionario”. Con queste parole il presidente americano Barack Obama, a seguito della sua scomparsa,  rende omaggio a Steve Jobs, fondatore dell’azienda informatica Apple. Oggi viene ricordato come colui che lanciò il primo personal computer insieme a molto altro, tributandogli un merito ambito da molti, raramente con successo: avere contribuito a cambiare  il mondo ed in particolare il modo in cui ognuno di noi guarda lo stesso. Molti sono coloro che lo paragonano al celebre progettista italiano Leonardo da Vinci, reputato una delle personalità più geniali dell’umanità: entrambi, benché in ambiti diversi, sono stati infatti definiti dei“visionari”. Leonardo poiché ha saputo immaginare che l’uomo sarebbe riuscito a volare, mentre Steve Jobs poiché ha reso l’informatica materia di dominio collettivo da patrimonio riservato a pochi. Ognuno esprime il suo pensiero su quest’uomo, che però non è stato solo uno dei principali attori della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo, ma anche l’uomo che ha tenuto uno dei discorsi più belli e toccanti diffusosi su scala mondiale grazie ad Internet. In questo memorabile discorso risalente al 2005, Jobs si rivolge ai neolaureandi della prestigiosa Università di Stanford, consegnando loro una sorta di “testamento spirituale“ che egli riassume nell’enigmatico monito “Stay hungry. Stay foolish” (“Restate affamati. Restate folli.”) pronunciato nella parte finale. L’inventore statunitense, traendo spunto dalle proprie vicende personali, esorta i giovani a perseguire i propri ideali, ad aver fiducia nelle proprie intuizioni, insomma a non perdere mai la curiosità e l’ambizione, anche se all’apparenza folle. Egli ci ha spinto più che mai ad ascoltare il nostro cuore e le nostre inclinazioni, e cosa più importante ci ha insegnato la capacità di saper sognare e, con la stessa forza, la capacità di reagire alla distruzione dei sogni, in una parola ad “osare”. Dobbiamo credere in qualcosa, avere passione per ciò che facciamo perché solo in questo modo rendiamo grande il nostro lavoro e solo alla fine, guardando indietro, scopriremo che la vita è fatta di puntini che si sono uniti. Era un genio, ma prima di tutto un uomo la cui esistenza è stata caratterizzata da grandi successi così come inevitabili fallimenti, che egli ha saputo tradurre in forza costruttiva in nome di ciò che amava e in cui credeva. Egli ricorda infatti la sua mancata laurea, il licenziamento dall’azienda da lui stesso creata, la diagnosi infausta della malattia, ponendo inaspettatamente la sua attenzione sugli aspetti positivi di queste vicende. Quest’uomo ci ha trasmesso l’importanza di imparare dai nostri insuccessi: il fallimento non deve essere visto come un marchio infamante, bensì come un mirabile tentativo di reazione agli ostacoli della vita.
Nel leggere e rileggere tale discorso traspare non solo una esortazione ai giovani a vivere, sognare, sperare, credere ed impegnarsi nel futuro, ma soprattutto l’amore per una vita che gli stava inevitabilmente sfuggendo di mano. Lui sì che era affamato come dovremmo essere tutti noi della vita, quasi bulimico tanto da fargli affermare “se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Lui sì che è rimasto folle e visionario fino alla fine, continuando a creare pur sapendo che il tempo a sua disposizione era ormai limitato, quasi cadenzato. Quest’anima ribelle e geniale non ci ha lasciato solo un modo nuovo di comunicare, ma la ricorderemo anche per la sua filosofia di vita che solo le grandi menti fanno propria. Rimarrà un esempio da seguire soprattutto per noi giovani, un’icona nella quale chiunque potrà identificarsi, un “grande innovatore e visionario” ma prima di tutto un grande uomo.
by Francesca Bardari
Articolo tratto da TeenReporters

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